Le accuse del sen. Pietro Ichino riportate sul “Il Quotidiano della Basilicata” del 16 marzo, appaiono non solo gravi, ma anche del tutto infondate. Parlare di abuso assistenziale, violazione della disciplina e truffa con riferimento ai tirocini formativi nella pubblica amministrazione promosse dalla Regione Basilicata, senza tra l’altro motivare e argomentare tali affermazioni, ci sembra dannoso, inopportuno e inspiegabile tenuto conto dell’autorevolezza professionale del sen. Ichino.
Così come l’accostamento ai programmi della Regione Calabria è del tutto fuorviante.
Riteniamo in primo luogo di chiarire al sen. Ichino che il programma della Regione Basilicata “Transizione alla via attiva- Crescita professionale- Qualificazione dell’azione pubblica” si configura come un’azione di alternanza tra formazione e lavoro finalizzato allo sviluppo di competenze a largo spettro di spendibilità professionale trasferibili nel settore privato.
Si tratta quindi di una misura di formazione che utilizza modalità di apprendimento formale e non formale in perfetta linea con la strategia di Lisbona per la lifelong learning che è alla base della riforma strutturale del Fondo Sociale Europeo, delle rinnovate politiche di coesione e della programmazione 2007- 2013.
Quanto ci sia di assistenzialismo in una esperienza formativa che è finalizzata alla crescita professionale in un contesto organizzativo obbligatoriamente preordinato alla formazione dei tirocinanti, con adeguata assistenza tutoriale e con il supporto specialistico di esperti degli enti di formazione accreditati, non riusciamo proprio a comprenderlo.
Se poi consideriamo che i tirocinanti non possono essere utilizzati in attività routinarie della PA, né in attività di affiancamento al personale pubblico per l’ espletamento di compiti amministrativi, ma solo in attività integrative in grado di fornire valore aggiunto all’azione della pubblica amministrazione, ci rendiamo conto che l’incremento di competenze professionali si integra con obiettivi di utilità sociale per la qualificazione dell’azione pubblica.
Invitiamo pertanto il sen. Ichino a leggere attentamente l’avviso pubblico con il quale è stata implementata l’azione regionale.
Quanto poi alla scelta della pubblica amministrazione come organizzazione di lavoro e di apprendimento, ci meraviglia che il sen. Ichino non tenga conto del contesto generale di profonda crisi in cui versa l’apparato produttivo regionale, soprattutto di quello industriale, che espelle quotidianamente entità considerevoli di lavoratori, degli squilibri quantitativi e qualitativi del mercato del lavoro, del pesante esodo dei giovani laureati e diplomati.
Non è questa la sede per illustrare le strategie messe in atto dalla Regione Basilicata per fronteggiare tutte le emergenze occupazionali. Vale la pena ricordare che i tirocini formativi costituiscono una tra le tante azioni regionali, insieme alle misure anticrisi, ai processi di ricollocazione lavorativa, alla promozione dell’occupazione dipendente e indipendente.
In merito poi al rischio di alimentare aspettative di assunzione presso la pubblica amministrazione, il programma regionale chiarisce senza ombra di dubbio che lo svolgimento dei tirocini non costituisce condizione o titolo per l’acceso nei ruoli della pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda la violazione delle leggi statali sulla durata dei tirocini, ci sembra oltremodo superfluo ricordare al sen. Ichino l’ampio dibattito apertosi in materia di ripartizione di competenze tra Stato e Regioni sui tirocini formativi, che è approdato ormai, anche dopo i principi affermati dalla Corte Costituzionale, su un riconoscimento pieno della competenza esclusiva delle Regioni. Quindi rientra nelle piene competenze della Regione la regolamentazione anche della durata dei tirocini.
In ogni caso il programma regionale rispetta anche le disposizioni statali che prevedono la durata di 12 mesi dei tirocini per la categoria degli svantaggiati. Attualmente per effetto della evoluzione normativa comunitaria del concetto di svantaggio, i destinatari dei tirocini, previsti dal programma regionale, rientrano a pieno titolo in detta categoria e pertanto perde ogni consistenza il giudizio di illegittimità espresso sull’azione regionale.
L’annuncio della imminente proposizione di un’interrogazione parlamentare ai Ministri del Governo si immette su una strada con indirizzo sbagliato, significando un ennesimo disconoscimento dell’autonomia dei governi regionali nelle materie loro attribuite dopo la riforma del titolo V della Costituzione.
In questi casi la strada giusta è quella del confronto sul piano tecnico e politico e non invece quella di muovere accuse su fatti che richiedono appropriata conoscenza delle questioni, riflessione e ascolto, nel rispetto delle problematiche e delle strategie regionali.
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